Il cardinale Ruini e Salvini

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Di don Aniello Tortora

Prima di entrare nel merito della riflessione sento il bisogno di dire che mai avrei “costretto” me e voi, cari lettori, di puntare i fari su Salvini. Già ce ne sono abbastanza su di lui e sugli altri politici. Penso che più noi  parliamo di loro , e loro meno fanno.

Ma me ne devo interessare, perché in queste ultime settimane tutto il mondo cattolico si è sentito pungolato e interpellato da una intervista  del card. Camillo Ruini su un giornale nazionale. Specie laddove egli sostiene che il giudizio su Salvini non ha da essere troppo negativo e che la sua ostentazione dei simboli sacri non è necessariamente strumentale, ma può essere anche interpretata come un attestato della rilevanza della fede nella sfera pubblica. Nella storia della Chiesa italiana, Ruini è stato l’ultimo erede autorevole della stagione di papa Giovanni Paolo II. Il Papa polacco, votato totalmente alla sua straordinaria missione evangelizzatrice a livello mondiale, di fatto rimise nelle mani di Ruini le redini della Chiesa italiana, nominandolo per 5 anni segretario generale della Cei, per 16 anni presidente dei vescovi e per 17 anni vicario generale della diocesi di Roma.

Quell’intervista l’ho letta più volte e devo dire che, pur rispettando un pastore della Chiesa italiana, non sono per niente d’accordo sulle sue tesi. Già per il passato, nella mia giovane età (frequentando per diversi anni la Consulta nazionale della Cei per la pastorale del lavoro), spesso non condividevo il suo magistero, soprattutto sulle “questioni politiche”. Non mi andava giù la visione della Chiesa come “forza sociale” (tipicamente polacca) rispetto alla visione di Chiesa di Paolo VI, papa del dialogo e della “scelta religiosa”, intesa come distacco dal collateralismo, del voto per la Dc. Il Signore, in fondo, ci ha comandato di “essere sale” , non di “trasformare il mondo in una saliera”. Nel rapporto tra la Chiesa e la comunità politica il card. Ruini spesso ha dato l’impressione di avere una rappresentazione che si è tradotta in una indebita ingerenza delle gerarchie ecclesiastiche nella contesa politica, con un marcato protagonismo/interventismo a favore del centrodestra a guida Berlusconi; dando, così, l’idea di una chiesa per niente evangelica, ma come potere tra i poteri. Ricordo negli anni passati il contrasto tra il cardinale e Romano Prodi che parlava di “cristiani adulti”, spesso mortificati nella loro autonoma responsabilità politica di laici. Tra l’altro a ma non pare proprio che il quasi mezzo secolo di egemonia politica DC abbia frenato l’accelerazione del processo di scristianizzazione del nostro paese tuttora in atto. Cosa che Ruini voleva certamente impedire.

Ritornando all’intervista e ai problemi suscitati, devo dire che è stata illuminante, invece, per me, un’altra intervista: quella di Padre Bartolomeo Sorge, gesuita, che, nonostante la sua età (90 anni) è ancora di una lucidità e profezia disarmante. Spesso per il passato l’ho invitato in diocesi a Nola per convegni e incontri. Oggi usa anche lui i social. E in un tweet su Matteo Salvini che ha fatto molto scalpore così ha scritto: “Non basta baciare in pubblico Gesù: l’ha già fatto anche Giuda”.

E, interrogato sull’attuale momento storico che la Chiesa italiana sta vivendo, così ha risposto: “Credo che nella Chiesa italiana si imponga ormai la convocazione di un Sinodo. I cinque Convegni nazionali ecclesiali, che si sono tenuti a dieci anni di distanza uno dall’altro, non sono riusciti – per così dire – a tradurre il Concilio in italiano. C’è bisogno di un forte scossone, se si vuole attuare la svolta ecclesiale che troppo tarda a venire. Solo l’intervento autorevole di un Sinodo può avere la capacità di illuminare le coscienze sulla inaccettabilità degli attacchi violenti al papa, sulla natura anti-evangelica dell’antropologia politica, oggi dominante, fondata sull’egoismo, sull’odio e sul razzismo, che chiude i porti ai naufraghi e nega solidarietà alla senatrice Segre, testimone vivente della tragedia nazista della Shoah, sull’assurda strumentalizzazione politica dei simboli religiosi, usati per coprire l’immoralità di leggi che giungono addirittura a punire chi fa il bene e salva vite umane. La Chiesa non può più tacere. Deve parlare chiaramente. È suo preciso dovere non giudicare o condannare le persone, ma illuminare le coscienze”.

E, riguardo all’intervista del Card. Runi, ha detto cose, per me, assolutamente condivisibili: “Per quanto riguarda il suo atteggiamento benevolo verso Salvini, dobbiamo dire che è del tutto simile a quello che altri prelati, a suo tempo, ebbero nei confronti di Mussolini. Purtroppo la storia insegna che non basta proclamare alcuni valori umani fondamentali, giustamente cari alla Chiesa, se poi si negano le libertà democratiche e i diritti civili e sociali dei cittadini”.

A me pare che P. Sorge abbia proprio colpito nel segno, indicando una strada ai cattolici, oggi, spesso confusi e disorientati sul piano sociale.

Ultimamente si è tornato a parlare di un “partito di cattolici”. Alcuni laici impegnati hanno prodotto un “manifesto” di valori cristiani. A me pare che oggi non vi siano le condizioni per dare vita  a un “partito di cattolici”. Oggi siamo una minoranza (anche evangelicamente parlando) anche politicamente parlando e, soprattutto, legittimamente divisa. I cattolici militano in tutti i partiti e molti, bisogna dirlo, si servono della chiesa, ma non servono né la chiesa, né i cittadini. Meglio operare, anche secondo gli insegnamenti del Vangelo e dello stesso Concilio, a modo di fermento, all’interno delle varie formazioni politiche. Quelle , le cui progettualità ideali e pratiche non sia in chiaro ed evidente contrasto con il magistero sociale della Chiesa.

In questo momento storico credo proprio che un partito “cattolico” non giovi alla Chiesa e nemmeno al laicato cattolico. Lo stesso don Sturzo non aveva mai pensato ad un partito cattolico, ma di ispirazione cristiana.

Ribadisco: temo che operazioni del tipo «partito dei cattolici» possano assumere una piega nostalgica, regressiva, velleitaria.  Non però per adottare lo schema praticato in passato di una delega alle gerarchie ecclesiastiche e di un loro attivismo negoziale con partiti, parlamenti, governi. Che, insisto, a mio avviso, non giova alla Chiesa, al laicato e neppure alla qualità della politica.

Oggi, più di ieri, piuttosto c’è bisogno di vera formazione politico-sociale nelle nostre comunità per essere sempre di più, con la testimonianza della vita, “sale della terra e luce del mondo”. In fondo solo CREDENTI CREDIBILI.