“Avanzare conservando”

Hegel; fenomenologia dello Spirito

“È necessario trovare la Rosa nella Croce”

Hegel; Lezioni di Filosofia del Diritto

“Michele ‘o pazzo è pazzo davvero”

Rino Gaetano; Michele ‘o pazzo

“Sotto l’ombra di Kant e di Vico, attraverso Kelsen, veglia un Tommaso d’Aquino pacioso e facondo”

selendichter

Dante Gabriel Rossetti; Monna Pomona; 1864

a cura di Giovanni Di Rubba

Il 20 gennaio giurerà solennemente e si insedierà i Casa Bianca il 46° Presidente degli Stati Uniti d’America, Joe Biden. Secondo Presidente Americano Cattolico-il primo è stato J. F. Kennedy- nonché Presidente più anziano della storia USA, avrà senz’altro un mandato non facile. I prima istanza per il periodo tristemente unico in 12mila anni di storia dell’umanità, quello pandemico, in seconda istanza per i numerosi vulnus che erediterà dall’uscente Trump. Siamo tutti a conoscenza dell’epilogo della di lui politica, un governo che ha tentato di riscattare l’America, di fatto isolandola e minando i valori democratici su cui Essa si fonda, ponendo in luce le tante contraddizioni interne, razzismo, capitalismo esasperato, patriottismo da classe media, una classe media che, purtroppo, ha tralasciato e dimenticato l’aspetto culturale. Certo sappiamo bene che il dialogo non è mai stato il punto forte degli USA, che certo non hanno conservato, a differenza degli Stati cattolici meso e sud americani, nulla della cultura dei nativi. Si prospetta una sfida non facile per Biden, riscattare la democrazia, sanare le falle, ricostruire un quadro axiotico che tenga, affrontare di petto la crisi, porre in essere le basi di una cultura umanista solida che consenta, di qui a 5 anni, al suo successore una effettiva ripresa.

E certo è ora che l’America apra le frontiere, economiche e culturali, senza paura, parafrasando lo storico discorso di san Giovanni Paolo II. E per raggiungere questi obbiettivi attinga a tutte le culture mondiali, scendendo dallo scranno imperialista oramai anacronistico.

Giuseppe Mazzini, certo, sarebbe un esempio proficuo ed attualissimo, il suo essere intellettuale in epoca risorgimentale, cane da guardia contro le derive assolutistiche o dell’utilitarismo estremo, contro lo strapotere massonico o carbonaro, più specificatamente, attualizzando, contro la deriva settaria, una deriva che ha portato gruppi di giovani al vile atto di assedio del Campidoglio, quello che doveva esser il tempio della democrazia. La deriva settaria affascina i giovani, complice il malcontento per lo status quo. In questo la figura di Mazzini è esemplare, nel suo promuovere i valori partendo dalla gioventù, nell’ammonire, con vena sarcastica, alcune pratiche settarie. Esemplare l’aneddoto di quando, per saggiare la fiducia di Mazzini, i carbonari gli diedero un revover. Egli disse, o la pistola è carica, ed è una follia, o è scarica ed è ridicolo.

I giovani e gli adolescenti sono i più colpiti da questo domicilio coatto pandemico. E certo i  più fragili e suggestionabili. Ma è sempre Mazzini che insegna che lo spirito, lo slancio costruttivo, è insito nella loro natura e che è da loro che bisogna partire. Ai popoli, ci insegna il maestro risorgimentale, si parla efficacemente in due modi; colla virtù dell’esempio e con la utilità del fine proposto:  trascinandoli con l’entusiasmo o seducendoli con l’avvenire. Virtù dell’esempio ed utilità del fine. Elementi che non possono essere scissi.

A tal proposito, da pomiglianese, non posso non ricordare, anche per coincidenza di date, l’esempio dato dalla Nostra città la notte tra il 20 ed il 21 gennaio del 1799.

Le condizioni climatiche, all’epoca, certo non erano clementi, c’era un gelo forse maggiore di quello attuale, era il periodo ricordato come piccola glaciazione, Pomigliano era imbiancata. Un borgo di 4500 abitanti all’epoca-oggi circa 40mila- raccolto attorno alle chiese di San Felice in Pincis e di Santa Maria delle Grazie, nonché dell’antichissimo monastero, quello che oggi è La chiesa del Carmine. Un paesino strategico, abituato ad ospitare stranieri da secoli, punto di transito, con la Taverna, ‘o Passo, o Rione Spitale-ospitale.

C’erano già alcune scuole pubbliche, diverse professioni liberali, medici, notai. Tantissime botteghe di artigiani e di ristoratori, ampli spazi di terra utilizzata per la coltivazione, soprattutto di grano e cereali. Il feudatario all’epoca era Augusto Cattaneo, principe di San Nicandro, in ottimi rapporti con la Corona, un suo parente era stato tutore dl sovrano sino al 1782. Ottimi anche i rapporti diplomatici con i paesi ed i territori confinanti. Il generale Championnet, a capo della milizia repubblichina francese individuò subito il territori di Pomigliano come punto strategico da cui far dipanare le truppe per dirigersi poi su Napoli. Pensava di insediarsi facilmente col favore del popolo. Mai avrebbe immaginato ciò che sarebbe successo. Il popolo non si doma, non si conquista. La democrazia non si esporta con le armi e con le truppe giacobine. La democrazia è il popolo ed il popolo ha una cultura, la Nostra millenaria. Certo i francesi avevano fatto male i conti. 

Avanzavano senza studiare le usanze, la cultura dei luoghi, senza conservare. Armati.  Fu una notte intensa, una resistenza che partì dal sangue, dal cuore delle persone. Il parroco don Nicola Terracciano elenca la lista di 32 caduti pomiglianesi di cui 7 donne. Riferisce che, nonostante Pomigliano fosse stata espugnata, si contarono ben 300 francesi caduti, adeguatamente armati.

Con la forza non si fa la rivoluzione, senza popolo, senza cultura, non si fa la rivoluzione. La repubblica napoletana, passato il momento dell’entusiasmo, un entusiasmo soprattutto dell’elitèintellettuale, si trovò senza radici e senza forza, la cui situazione, usando le parole di Benedetto Croce, era contraddittoria e disperata.

Auna contraddizione che ammattisce il popolo, emblematico il caso di Michele ‘o Pazzo che, a Napoli, chiese ai Giacobini fosse immediatamente posta la guardia d’onore a San Gennaro. L’accoglienza pomposa del popolano, certo non lucidissimo, dinanzi al generale Championnet, che tra l’altro lo esaudì subito inviando i granatieri sul posto, è l’epilogo tragicomico di una democrazia esportata.

Giovanni Di Rubba

BIBLIOGRAFIA:

Di Rubba Domenico; Giuseppe Mazzini Contro la Massoneria; Ar4naldo Forni Editore, Santa Maria Capua Vetere; 1919

Esposito Ferdinando; La Rivoluzione Napoletana del 1799. Saccheggi ed eccidi in Pomigliano d’Arco; Edizione Phoebus; 1999

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