A cura di GIOVANNI DI RUBBAIniziare la collaborazione con il prestigioso blog “Pomigliano Live”, tra i massimi media sia per attendibilità che serietà e professionalità, limpidezza e chiarezza espositiva, indagini e sopralluoghi sul campo, servizio attivo alla Nostra amata Comunità Pomilia.

E tanto più non facile è occuparsi della nuova pagina, quella culturale, in virtù del fatto che parlare di cultura, in epoca digitale, è quanto mai difficoltoso, come difficoltoso trattare temi interessanti e stimolanti, spesso sconosciuti o dimenticati, nell’era del twitt e del post.

Cercheremo dunque di essere al più possibile  lineari e chiari, essendo tra i nostri obiettivi fondamentali quello di non ridurre la cultura e la storia a discorso tra studiosi riservato poi a pubblico elitario. Noi siamo il Popolo ed al Popolo è indirizzata questa pagina novella. Purtuttavia coloro che volessero approfondire maggiormente i temi trattati possono consultare e reperire le fonti e la bibliografia riportati in calce al presente.

Fatte queste debite e necessarie premesse inauguriamo la sezione trattando della “Fondazione di Pomigliano”. Ovvio che sarà un primo articolo, molti temi saranno, per esigenze di spazio, non trattati compositamente e frutto, si spera, di un prossimo articolo.

Quando si parla di “fondazione” qualsiasi sia la città o il comune, non può non intrecciarsi mito con realtà storica, ma dire mito non è un mero abbandonarsi a narrazione fantastica, ma specchio, simbolo, del fatto storico.

Aliberti Crescenzo : Pomigliano d’Arco : Sistematica
enciclopedica di storia locale. Emblema e stemma

Occorre citare, al di là della bibliografia, e ringraziare gli autori di riferimento del presente e del passato, il dottor Giovanni Basile, il dottor Crescenzo Aliberti,  lo storico Salvatore Cantone, e il professor Vittorio Imbriani.

E partiamo proprio dal Cantone, il cui lavoro “Cenni Storici su Pomigliano d’Arco” è stato ed è tuttora referente principale per un approccio storico. Le origini sono riportate al capitolo I, che fa riflettere non tanto per quello che è scritto ma soprattutto per ciò che non è scritto. 

Iniziamo col dire che la prima menzione ufficiale della città è riportata da Cicerone e da Valerio Massimo, rispettivamente nel  de Officis capitolo I, 10 e nel  De Factis dictisue. Memoriae,capitolo VII, 3. Ivi è riportato l’episodio di una contesa giuridica circa la proprietà di alcuni terreni contesi tra Napoli e Nola, il Senato Romano inviò il massimo giurista dell’epoca,nonché console della Res Publica, Quinto Fabio Labeone, quale giureconsulto (giudice arbitro). Come si dice a Napoli” tra i due litiganti il terzo gode”. Egli, infatti, con astuta mossa patronale dichiarò la zona “Campo Romano” sotto le insegne del Senato (“SPQR).

Interessante notare che sia Cicerone che Valerio Massimo collocano l’evento al 180 a.C., orbene, considerando che solo nell’89 a. C. con la Lex Plautia Papiria, la cittadinanza Romana fu estesa a tutti gli abitanti a sud del Po. Quindi gli abitanti di quei terreni, tra cui i pomiglianesi, posti sotto il protettorato dei Pomili-da cui il nome, potessero fregiarsi del titolo di cittadini Romani, con tutti i privilegi connessi, 100 anni prima della concessione a città come Nola, Napoli, Siracusa etc.

Restiamo ancora su Cantone e ritorniamo un attimo a ciò che ho scritto prima. Del primo capitolo dei Cenni Storici è più interessante ciò che non vuole dire da ciò che dice. L’incipit è, infatti, “non narrerò”, un incipit alquanto virgiliano, di chi vuole tenere nascosto, celare e criticare. Interessante introduzione preistorica, in cui parte dall’Eocene, periodo dell’era cenozoica, e quivi cita la nascita di Venere, tra gli isolotti italici. Narreremo in un secondo articolo dei collegamenti con la Nostra Santa Afrodite, trattati altrove già da me, ed a cui rimando alla bibliografia. Poi passa nomina le ultime due età del cenozoico, miocenica e pliocenica, per arrivare all’Era Quadernaria, quella i cui viviamo e in cui si evolse l’uomo. Altra interessante citazione, assieme a quella circa la nascita di Venere è quella dell’Uovo Primigenio, di cui parleremo egualmente in un prossimo articolo.

Questa premessa innocua è in realtà la prima delle tre critiche che il Cantone muove. Quivi parlando del suolo, del tufo e delle “pietre” critica apertamente Pasquale Precchia, autore di “Breve Cenno storico di Castello di Cisterna” come preludio alla successiva critica a Tommaso Turboli ed alla sua “Storia di Marigliano e Pomigliano” motivo? Virgilio e le sue tre opere scritte proprio nel Campo Romano, tra la Villa di Augusto, a Somma Vesuviana e le Nostre terre. Più specificamente alcuni versi del Libro VII dell’Eneide. Ancora, il problema del Sebeto, su cui torneremo in altro articolo, e delle grotte sotterranee, che tra breve accenneremo, parlando di Plinio il Vecchio e della eruzione del Vesuvio del 79 d. C.

Ma facciamo un passettino indietro.  Non mi dilungo sul ritrovamento delle Tavole Iguvine né del prezioso ritrovamento del prezioso Ceppo, da parte di Monsignor Troiano Caracciolo del Sole, a metà del 1700 e degli studi posti i essere da un suo preparatissimo presbitero, don Francesco Borrello. Diremo soltanto che quel ceppo riportava caratteri incomprensibili e, decifrati con novizia dal sacerdote, si appurò trattavasi di lingua Osca. Gli Osci, i Sanniti e poi i Greci giunsero nelle Nostre Terre, portando con sé usi e costumi, divinità femminee della fertilità e della guerra. 

Partiamo sempre dal mito per capire la storia, ovverosia dai “contesi” versi di Virgilio, Eneide capitolo VII vv 730-743, che riporto “è tu passerai innominato nei nostri versi Èbalo/che Teone-così tramanda- generò dalla ninfa Sebetide/quando reggeva Capri, regno dei Teleboi/già attardato negli anni; ma il figlio scontento dei campi/paterni, già allora dominava ampliamente i popoli/sarrasti, e le pianure che irriga il Sarno, e quelli che tengono Rupra e Batulo, e i campi di Celemna,/e quelli che guardano Abella fertile di pomi/avvezzi, al modo Teutonico a scagliare cateie/essi difendono il capo con corteccia strappata dal sughero,/bronzei risplendono gli scudi, bronzea risplende la spada”.

Prima di soffermarci sui punti centrali dei versi sovra esposti, cuore del presente articolo, cerchiamo di vedere cosa accade nel libro VII, ma brevemente. Dopo il viaggio negli inferi del Pio Enea, narrato nel libro precedente dell’opera, lo stesso parte da Cuma e approda, dopo aver visto il Monte della maga Circe, colei che trasforma gli uomini in belve, approda sulle coste laziali, sale il Tevere. Qui incontra Fauno, figlio di Pico, figlio di Saturno- l’Italia era chiamata Terra di Saturno o Terra dell’Oro da Achei, Illirici, Semiti etc., la famosa Taris- qui viene in pace ed afferma la profezia sulla fondazione di Roma e sulla Sua grandezza, chiede l’unione, dunque dei popoli Troiani, dell’Asia, con quelli del Lazio, i protetti da Giove con quelli di Saturno. Tuttavia anche qui l’invidia sorge, l’Erinna Aletto getta la serpe della discordia nel petto della principessa e le porte sono sbarrate e i laziali passano in rassegna tutti i popoli saturnini che possono muovere guerra agli sparuti uomini di Enea. 

Ed eccoci, nei versi su menzionati, la descrizione dei Nostri, mi soffermo prima su di un particolare, i modo di combattere dei campani, ad uso Teutonico, vale a dire Germano. Particolare di non poco rilievo, probabilmente i popoli insediatici risultano più risalenti della prima migrazione indoeuropea. E ciò, ma è ipotesi ardita, collocherebbe le nostre terre come “ombelico del mondo”, e il lago Cutilia al centro del quale galleggiava una isola, potrebbe essere situato in Pomigliano, nella attuale piazza Municipio? Plinio stesso sembrerebbe avvalorare questa ipotesi, centro degli aborigeni italici, da cui si dipartivano per i vari luoghi della Penisola al di sotto del Po.

Questa ipotesi stuzzica ed è altresì interessante perché l’attuale Piazza Municipio era proprio un piccolo laghetto, con un ponteggio attraversabile e diviso in circoli. Ivi era una caverna ed una cascata, e vi confluivano i fiumi Claudio, Boscofangone ed il famoso Sebeto. Su cui torneremo in altro articolo.

Proprio in quella grotta i Basiliani, provenienti dall’Oriente, si insediarono ed ivi era presente una croce Bizantina oggi scomparsa. Ancora su Plinio, questa volta narrando di cunicoli e della eruzione del Vesuvio. Le grotte non sono presenti solo a Napoli ma si estendono, per conformazione geografica, quasi per tutta la provincia, dal Sarno al Castrum Lucullianum con la Sua Piscina Mirabile, con diverse confluenze, tra cui la più importante quella di Somma Vesuviana da Santa Maria del Pozzo. E poi di lì sino a Cuma. Sempre Plinio, nella sua Historia Naturalis, spiega come la Nostra terra sia chiamata “Liburia” proprio dal latino “Conca”. L’Estensione va dai confini con Nola//Avella sino a Licignano, ma Pomigliano d’Arco è il punto centrale, posto infatti sulla Strada Romana che conduce sino ad Avellino e dove fu posto il Passo per il pagamento della tassa per chi si accingeva a passare da Napoli a Nola. Diverse le locande, molte posizionate nell’interno rione Spitale.

In merito a questi cunicoli, dopo l’eruzione del Vesuvio sappiamo che alcuni Pompeiani riuscirono a mettersi in fuga. Destinazione: la Civita Giuliana, un’area a nord di Pompei. L’episodio è narrato ed avvalorato da ritrovamenti archeologici, prima bizantini poi coevi alla eruzione (o precedenti?) da tempo oggetto di studi. Ma una operazione dei Carabinieri del Nucleo Tutela Patrimonio ha nel maggio del 2018 scoperto dei ladri/tomabaioli che approfittavano di cunicoli per le loro ruberie. Orbene, a parte alcuni danni fatte a mura, tali cunicoli, si è scoperto, non erano scavati da loro ma modellati su una rete cunicolare già esistente. Rete che affluisce ai cunicoli dell’area Sarno-Cumana.  Data la posizione di Pompei e l’assonanza con Pomigliano, in dialetto Pompjanum, è possibile che esistesse un collegamento di non poco momento, culturale e mercantile tra le due aree. E che persino il nome di Pompei sia stato mutuato dai Pomili.Ricordiamo che mentre Pompei belligerava coi Romani,Pomigliano era già territorio della Res Publica. 

Ed anche, ipotesi ardita ma plausibile, che gli scampati siano fuggiti proprio in quel di Pomigliano attraverso i cunicoli?

Vero è che, ed anche qui il Cantone ne parla, criticando l’ipotesi di Gianstefano Remondini nella sua “Ecclesiastica Storia del Nolano”, risulterebbe a suo avviso erronea l’ubicazione del Pompejanum, la villa di Gneo Pompeo, suocero ed emulo di Giulio Cesare, in Pomiigliano d’Arco ritenendo che, piuttosto, si trovava a Pompei dato che affacciava sul mare. Ma ad una attenta lettura di Cicerone così non è “Pompejano navi advectus sum in Luculli nostri hospitium” ed anche: “haec scripsi navigans, cumPompejanum accederem”. Una attenta traduzione afferma semplicemente che le navi di Lucullo-non a caso- possono accedere tranquillamente alla Villa di Pompeo, essere ospiti-vedi Spitale- e circa la navigabilità sappiamo che il Sebeto, che passava per Pomigliano, era navigabile all’epoca. 

Interessante è notare come anche Vittorio Imbriani dica la sua su Pomigliano e l’origine e fondazione, narrando nei suoi “CuntiPomiglianesi” che un altro Pompeo, molto più tardo, Pompeo Magno, durante la lotta contro Saraceni, stremato dalla fatica, senza viveri per l’esercito ed a rischio di ammutinamento, si accampò coi suoi ai piedi del Monte somma. Quivi gli apparve in sogno Sant’Antonio abate, il quale gli disse che il mattino seguente avrebbe dovuto scavare dove vi era un porcellino nel fango. Al risveglio seguì le istruzioni del Santo dei Contadini e trovò un Tesoro, talmente consistente da rifocillare le truppe, i loro armamenti e, col restante di formare un piccolo borgo, Pomigliano appunto. 

Il racconto di Imbriani, per sua stessa ammissione fantastico, è però raccolto da cunti popolari, dall’oralità, che può aver confuso i Pompeo e che, senz’altro, ha dell’intrigante, se preso metaforicamente, riguardo ai cunicoli. 

Anche gli studi recenti del professor Gennaro Terracciano  nella sua “De pagi Bruxiani et situ et originibus” e quelli del professore Raffaele Napoletano, “Notizie storiche di Castello di Cisterna” sono di non poco rilievo, unitamente alla “Storia di Pomigliano” del dottor Giovanni Basile.

Ambedue si collegano ai versi dell’Eneide citati, fermo restando che i Sarrasti sono gli abitanti del Sarno interessante è notare come Ebalo, re di Capri, vero e proprio “paradiso”, non contento si spostò per la Liburia, attirato da Sebetide, la ninfa del fiume Sebeto, dello “Bono Greco”. Giunse qui, a Pomigliano, negli acquitrini circondati dalle terre fertili di Pratola e Paciano, che tanto ricordavano a Virgilio la sua Mantova, alla vicina Castello di Cisterna, acquitrino separato da selve fitte e piene di animali esotici e locali, il Castello di Rufro, da non confondere con quello omonimo del comune di Provenzano, ossia il castello color Rubino, ove c’era la dinastia di  Bàtulo, il dotto e sapiente sovrano dalla lunga toga e quella di Celemne, il sileno dei boschi, il grande musico, che era ivi prima degli Osci e degli Etruschi, e prima dei Sanniti col loro Serapim. 

Un ultimo appunto, circa il nome, erra chi afferma che Pomigliano derivi da Pomi, mele, come quelle presenti in piazza Mercato. Queste, infatti, furono recate in dono dal popolo al passaggio di Carlo di Borbone, nel 1735, che dopo aver cenato col Barone diede un lauto-e gratuito-banchetto a tutti i Paesani, mischiandosi con loro e divertendosi e ballando canti popolari locali. Si dice che fu la prima volta che i pomiglianesi assaggiarono il Babà.

In merito al nome Arco, non convince la versione che l’appellativo sia riferito alla divisione in Intra Arcoris e ForisArcoris, con riguardo all’Acquedotto Romano. Né il riferimento all’Arco di Claudio. Probabilmente trattasi di una reminiscenza degli archi posti in essere in onore di Artemide/Selene.

Su questo, e su ciò che altrove ho rimandato, ritorneremo, in un prossimo articolo.

Giovanni Di Rubba 

Bibliografia:

Aliberti Crescenzo; “Pomigliano d’Arco. Sistematica Enciclopedia di Storia Locale”; Patrocino Amministrazione Comunale; 1998

Basile Giovanni, Esposito Annunziata; “Pomigliano Sacra. Parrocchie, chiese, cappelle”; Comune di Pomigliano d’Arco. Collana di studi diretta da Giovanni Basile; 2010

“” “” ;  “Storia di Pomigliano dalle Origini ai Giorni Nostri”; Collana di studi diretta da Giovanni Basile; 2009

Cantone Salvatore; “Cenni Storici di Pomigliano d’Arco”; Nola, A. Gallina; 1923

Corona Mauro; “Le Civiltà Preistoriche in Italia”; FME; 1995

Di Rubba Giovanni; “Selenio Denso, la Luna Illumina l’Infinito- Tomo III”; Youcanprint 2018

Iasevoli/ Vera Dugo; “La chiesa di Santa Maria del Carmine. Storia, fede, arti, tradizioni”; Adriano Gallina Editore; 1995

Imbriani Vittorio; “XII Cunti Pomiglianesi”

Napoletano Raffaele; “Notizie storiche di Castello di Cisterna”;1968 

Pasquale Precchia; “Breve Cenno storico di Castello di Cisterna”

Puntillo Elena; “Grotte e Caverne di Napoli. La città sotto la città”; Collezione Il Mattino; 1994

Remondini Gianstefano; “Della Nolana Ecclesiastica Storia2; 1771/1776

Sechi Mestica Giuseppina; “Dizionario Universale di Mitologia”; Rusconi Libri; 1994

Terracciano Gennaro; “De pagi Bruxiani et situ et originibus”; 1988

Turboli Tommaso;  “Storia di Marigliano e Pomigliano”

Fonti:

Cicerone;” De Officis”

“”””; Epistule ad Atticum”

Plinio; “Naturalis Historia”

Valerio Massimo; “De Factis dictisue. Memoriae”

Virgilio; “Eneide”

Sitografia:

Afrodite. La Santa fiorita di Pomigliano. Seguendo le rive di una Leggenda.https://selendichter.wordpress.com/2016/01/14/afrodite-la-santa-fiorita-di-pomigliano-darco-seguendo-le-rive-di-una-leggenda/

Virgilio Mago. Il Merlino Partenopeo.https://www.ilgazzettinovesuviano.com/2016/08/24/virgilio-mago-merlino-partenopeo/

Pompei Civita Giuliana. Scoperta straordinaria tra i cunicoli di scavi clandestini. https://www.beniculturali.it/comunicato/pompei-civita-giuliana-scoperta-straordinaria-tra-i-cunicoli-di-scavi-clandestini

Foto di copertina Archivio Luigi De Falco

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